Roma, 6 dicembre 2014 – Le proteste scattate in questi giorni da parte dei sindaci dei Comuni ex montani e delle associazioni di categoria riguardo la reintroduzione dell’Imu sui terreni agricoli, decisa dal Governo per recuperare i 350 milioni spesi per le coperture del “bonus Irpef”, sembrano essersi placate dopo la decisione del mini-rinvio a gennaio del pagamento dell’imposta. Resta il fatto che l’agenda politica continua a ruotare intorno al tema della fiscalità mentre, analizzando, i bilanci di Stato ed Enti locali, ci sono altre strade da battere per applicare realmente le tanto decantate pratiche di spending review. Il suggerimento arriva dalla parlamentare umbra di Scelta civica, Adriana Galgano che torna sul tema della giungla di partecipazioni che fanno capo agli enti pubblici.
“Non possono non balzare all’occhio i 26 miliardi di euro – accertati dalla Corte dei conti – erogati per le oltre 7.726 aziende partecipate censite dall’ex commissario alla spending review, Carlo Cottarelli al 31 dicembre 2012 ma il cui numero è ben più consistente – spiega Galgano – E’ da qui che dobbiamo iniziare ad esempio, come già proposto da Scelta civica, liquidando le aziende che hanno meno di dieci dipendenti e un fatturato inferiore a 100mila euro”.
“Si pensi che intorno alla mole delle partecipate – continua l’onorevole di Scelta civica – ruotano 27mila amministratori e di questi quasi 15mila sono a capo di realtà che hanno meno dipendenti che amministratori o che di lavoratori non ne hanno neanche uno. Per non parlare del miliardo e 200 milioni di euro di perdite accumulati soltanto nel 2012. E se è legittimo per gli enti pubblici decidere di perdere qualcosa a beneficio di servizi utili alla collettività – evidenzia ancora la deputata umbra – lo è molto meno quando questo accade per partecipazioni in agenzie di viaggio, prosciuttifici, caseifici o imprese che producono surgelati o che si occupano di fiori”.
“Soltanto in Umbria – fa notare Galgano – sono 115 le aziende partecipate da Regione, Province e Comuni e, se è vero che il numero non è totalmente esatto, un dato certo emerge e come dal documento sulla redditività di queste imprese predisposto da Cottarelli: delle 75 realtà umbre di cui è stato possibile analizzare i bilanci, infatti, un terzo è in perdita, con casi eclatanti come il consorzio Crescendo di Orvieto che rientra tra le 15 performance peggiori in Italia con un rapporto del -130,77% e una perdita di oltre un milione in un anno”.
“Dunque, per gli Enti locali e soprattutto per il Governo – conclude l’onorevole di Scelta civica – è una strada obbligata quella di razionalizzare le partecipazioni liquidando quelle non strategiche per il Paese e riducendone il numero drasticamente così da evitare anche la proliferazione di fenomeni di corruzione e la creazione di migliaia di centri di potere periferici. Passare per la leva fiscale è una scorciatoia da evitare fosse anche soltanto per le pesanti ripercussioni che determina sull’economia e sui consumi”.